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Chi ha tempo, non aspetti tempo. (riflessioni sottocutanee)

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Da bambina, mamma, usava ripetermi frequentemente questa frase. La guardavo, come ogni bambina guarda alla grandezza, quale sapienza e onnipotenza. Faticavo a capire. Si soffermava a spiegarmi che ogni cosa andava affrontata, senza rimandare, senza pensare di poterla dire o fare in un altro momento.
Cercavo, nella mia indole di accondiscenza tipica di bambina sottomessa ed a volte un po’ frustrata, di soddisfare le sue magiche parole.
Non ho aspettato per tante cose.
Ho messo in discussione molte volte le sue parole.
Resto ferma dell’avviso che, di fatto, siano state importanti.

Leggendo il commento del giovane Dade, ho pensato “sei proprio un bravo ragazzo” (ma lo sono sempre i figli “degli altri”) “e, sì, dovresti proprio parlare con mamma”.
So che le darebbe una gioia immensa.
Continuo nella lettura e la decisione vacilla, vedo che prende tempo. Più che con mamma, con se stesso. Si giustifica con me che mi vede come una sorta di mamma virtuale, oltre ad una simpatizzante, fra le tanti presenti in questo oceano teorico.
Sorrido teneramente immaginando mio figlio alle prese di un dialogo con la mamma di qualcun altro che magari ha saputo, molto prima di me, del piercing al capezzolo destro, dove ora brilla il suo anellino bianco.
Penso che, sempre qualcun altro, ha saputo che è stato in Germania per tre giorni, dormendo in auto, con degli amici, dicendo in casa che sarebbe andato via per un w.e. in montagna.
E penso a tutte quelle cose non dette.
Alle frasi accennate.
Penso ai segreti che non conoscerò mai.

Di riflesso non posso biasimarlo. Anch’io ho avuto i miei segreti verso di lei, verso di loro. Non mi consola ma mi gratifica pensare che, comunque, seppure con in ritardo (ma è tutto relativo no?), è arrivato a rendermi partecipe di piccole cose superate.
Meglio tardi che mai (parafrasando la banalità).

Ma se quel qualcuno, cosciente dei suoi “segreti” in qualche modo fosse riuscito a sensibilizzarlo per avvicinarsi a me, con il gusto del dialogo, per la chiarezza? sarebbe meraviglioso sapere che “non aspetterebbe tempo”, lasciando fluire fra noi quelle parole che portano alla chiarezza.

Mi guardo addosso. Non dovrei far passare nemmeno io “il tempo”. In questo caso è l’ambivalenza. Lo scambio. Forse, io per prima, dovrei dire e fare, come da bambina, tutto ciò che penso sia giusto dire e fare.

Prendersi un piccolo spazio da dedicare a chi ci ama. Non per retorica o sdolcinatezza. Perché, di fatto, il tempo scorre e dopo rimane solo un insieme di ricordi che si accavallano con poca chiarezza in un groviglio. Si rinuncia alle sensazioni temporali. Il gusto del dialogo immediato, del dettaglio, sopraffatto da tutti gli ulteriori eventi. Per poter dare di noi una parte che, altrimenti, resterebbe per sempre sconosciuta.

Utopia.

Riferimenti: Dade, “percezione” del momento.

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